mercoledì 11 marzo 2009

L’ITALIA RITORNA AL NUCLEARE




Firmato l’accordo tra Berlusconi e Sarkozy per la creazione dell’asse italo francese dell’energia.


Incredibile! Dopo la svolta ecologista della politica Americana in materia di energia questo accordo, firmato il 24 febbraio 2009 a Palazzo Madama, segna per il nostro paese un enorme passo indietro soprattutto se considerato insieme alle riduzione o al quasi annullamento degli sgravi fiscali per l’istallazione di impianti a pannelli solari e lo stop alla ricerca sulle fonti di energia rinnovabile.
«Dobbiamo svegliarci dal nostro sonno, adeguarci, perché il futuro è nell'energia rinnovabile e nel nucleare - ha detto Berlusconi in conferenza stampa -. Collaboreremo alla realizzazione di altre centrali nucleari in Francia e in altri Paesi e affronteremo la costruzioni di centrali nucleari in Italia, con al nostro fianco la Francia che ci ha messo a disposizione il suo know-how, ciò che ci consentirà di risparmiare diversi anni e iniziare la costruzione delle centrali in un tempo assolutamente contenuto», e ancora «…Per il 2020 bisognerà sviluppare centrali in maniera massiccia e nessuno deve porre veti».
«Nessuno deve porre veti», nessuno tranne il buon senso. Poniamoci delle semplici domande a cui dare delle altrettanto semplici risposte:
1) L’Uranio necessario per il funzionamento delle centrali è veramente a basso costo? E per quanto durerà?
L’uranio estraibile a costi contenuti, secondo le ultime stime, è dell’ordine dei 3,5 milioni di tonnellate circa. Il consumo attuale è di 70 mila tonnellate/anno per coprire il 6% della domanda globale di energia, il rapporto tra consumi e risorse è di 50 anni, calcolando un aumento della domanda l’esaurimento dell’uranio sarebbe ancora più veloce (se si pensa che la prima centrale in Italia è prevista nel 2020). Infine ricordiamo che negli ultimi 4 anni il prezzo dell’uranio è salito di circa 20 volte, senza che ci sia stato alcun aumento della richiesta.
2) Le centrali di nuova generazione risolvono veramente i problemi di sicurezza?
Secondo quanto denuncia l'Independent, citando alcuni documenti di natura industriale provenienti anche dalla francese Edf (stessa azienda che ha appena sottoscritto l’accordo con Enel) il rischio di incidenti con queste nuove tecnologie è sì più basso, ma, nel caso avvenga una fuoriuscita di radiazioni, questa sarebbe più consistente e pericolosa che non in passato. In uno dei documenti esaminati è scritto che "le perdite umane stimate potrebbero essere doppie". "Finora – continua l’Indipendent - questo tipo di centrali è stato generalmente considerato meno pericoloso di quelli attualmente in funzione perché dotato di maggiori misure di sicurezza e in grado di produrre meno scorie ma le informazioni contenute nei documenti da noi consultati dimostrano che in effetti producono una quantità di isotopi radioattivi di gran lunga maggiore tra quelli definiti tecnicamente 'frazioni di rilascio immediato', proprio perché fuoriescono facilmente dopo un incidente".
3) Come si risolve il problema delle score?
In Italia sono presenti 235 tonnellate di combustibile nucleare irraggiato, usato prima del referendum dell''87 nella centrale di Caorso. Ora prima di pensare a come trattare e dove stoccare le nuove scorie bisognerebbe anzitutto risolvere il problema della sistemazione delle vecchie scorie che costerà non meno di 4 miliardi di euro , prelevati dalle bollette della luce con gli “oneri nucleari” (150 milioni all’anno circa). Il contratto da 267 milioni di euro siglato dal governo con la francese Areva per “ritrattare” 230 tonnellate di combustibile esaurito, è una scelta che non risolve nulla, le scorie vetrificate ritorneranno comunque in Italia e produce emissioni inquinanti e rischi nei trasporti in andata e ritorno. Il primo dei trasporti da Caorso è in attuazione.
Terminiamo citando gli esperti di Greenpeace, che pongono l'accento sul fatto che l'accordo è "a tutto vantaggio di Sarkozy, che sta cercando di tenere in piedi l'industria nucleare francese", ma ''non offre all'Italia nessuna garanzia di maggiore indipendenza energetica - tecnologia e combustibile arrivano dall'estero - ed è anzi contro gli obiettivi europei di breve termine''.
Un’ ultima domanda CUI PRODEST? A voi la risposta.


Roberta Martino

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